La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 2103, 7° c., cod. civ. che dispone quanto segue:”Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi”.

L’onere della prova dello svolgimento di mansioni superiori è a carico del lavoratore e potrà essere assolto sia per mezzo di prove documentali sia per mezzo di prove testimoniali o di entrambe.

La giurisprudenza ha avuto modo di affermare il principio secondo cui l’attività di accertamento del Giudice sul tema si articola su tre fasi:

  1. nella prima fase il Giudice dovrà accertare il concreto contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore ricorrente;
  2. nella seconda dovrà ricondurre tali mansioni alle relativa declaratorie contrattuali in tema di inquadramento del personale contenute nel CCNL applicabile al rapporto;
  3. nella terza dovrà accertare se tali mansioni si attaglino, oppure no, alla qualifica superiore rivendicata nel caso concreto dal lavoratore ricorrente.

Nel caso, come quello in esame, di svolgimento di mansioni promiscue (con ciò intendendosi lo svolgimento contestuale sia di mansioni proprie della qualifica di assunzione, sia di mansioni proprie di una qualifica superiore), è noto che, sulla base del consolidato insegnamento della giurisprudenza (formatosi nel vigore dell’art. 2103 cod. civ. ante riforma operata dal D.Lgs n. 81/2015), il canone della superiorità delle mansioni deve essere integrato dal criterio della “prevalenza”, ai fini dell’identificazione della “mansione primaria e caratterizzante” e, quindi, della qualifica superiore spettante per promozione automatica.

In tale ottica, secondo la Suprema Corte, deve considerarsi “mansione primaria e caratterizzante” quella che costituisce il contenuto normale della prestazione di lavoro (cfr. Cass. n. 26978/2009) e, in base alla natura della prestazione lavorativa, come concretamente espletata, concorrono a tale individuazione il criterio quantitativo e quello qualitativo (cfr. Cass. 8/7/1992 n. 8330 in Riv. Crit. Dir. Lav. 1993, 325, che ha, al riguardo, affermato il seguente principio :

Il criterio quantitativo e quello qualitativo concorrono in misura non uniforme e preventivamente determinabile ma in relazione alla natura della prestazione lavorativa come concretamente espletata, sicchè deve considerarsi caratterizzante una mansione esercitata con scarsa frequenza ma che richieda un alto grado di specialità, mentre in altre attività la frequenza dell’espletamento delle mansioni può costituire da sola un fattore di normalità

(v., anche, Cass. n. 15736/2013; Cass. n. 9/2001; Cass. n. 7587/1990; v., altresì, Cass. n. 619/1989 che, a seconda dei casi, ritiene rilevante la mansione esercitata con maggiore frequenza o la mansione caratterizzata da un alto grado di specializzazione).

E’ necessario, pertanto, tenere conto, in base alla reciproca analisi qualitativa, della mansione maggiormente significativa sul piano professionale, purchè non espletata in via sporadica od occasionale (v. Cass. n. 4946/2004; Cass. 24/8/2000 n. 11069; Cass. 8/3/2000 n. 2637; Cass. 23/6/1998 n. 6230).

Si tratta, quindi, di un onere probatorio da assolvere in modo particolarmente accurato.

Lo Studio Legale Nouvenne si offre per la relativa assistenza, sia stragiudiziale che giudiziale, in favore di quei Lavoratori che fossero interessati.