Con il presente contributo si intende analizzare il fenomeno del mobbing” c.d. verticale (con ciò intendendosi quello posto in essere dai superiori ai danni del singolo dipendente) che è dato verificare all’interno dei vari Istituti di Credito.

Anche i dipendenti di Banca, infatti, non sono, purtroppo, immuni dal fenomeno del c.d. “mobbing”.

E ciò in specie in un periodo storico, come l’attuale, nel quale le Banche si trovano ad avere un surplus di personale e vengono poste in essere frequenti operazioni di fusione per incorporazione tra Istituti di Credito, al fine di contenere i costi, anche legati al personale, ed incrementare i volumi.

E’ frequente che, in esito a tali operazioni, il dipendente di Banca si trovi catapultato in una realtà che è ben diversa da quella che si attendeva di trovare.

Lo Studio ha, per esempio, trattato il caso di un dipendente, con la qualifica di “family banker”, il quale, una volta passato alle dipendenze della Banca incorporante, ha subito, in poco più di due anni, svariati trasferimenti di Filiale, svariati cambi di mansioni (con assegnazione, per lunghi periodi, a quelle di cassiere) e note di qualifica negative, in assenza dei presupposti di fatto che potessero giustificare un simile giudizio negativo.

Ancora, si è affrontato il caso di un Dirigente di un primario Istituto di Credito, cui era stata attribuita la qualifica di “Responsabile dell’Unità Operativa Crediti problematici”, che, nell’arco di pochi mesi, si è visto, dapprima, repentinamente, oltre che immotivatamente, confinato in uno stato di totale inattività, non essendogli stata assegnata alcuna mansione da svolgere, nonché  precluso l’accesso al flusso di informazioni aziendali; e, poi, una volta trasferito in un’altra Filiale, si è visto attribuire mansioni prive di quei connotati di responsabilità, autonomia e discrezionalità propri della qualifica di Dirigente dallo stesso rivestita e del ruolo di Responsabile della Struttura formalmente riconosciutogli.

Si tratta, evidentemente, di situazioni nelle quali l’intento dell’Azienda bancaria è quello di indurre il dipendente a rassegnare le dimissioni dal rapporto di lavoro.

Il dipendente di Banca che subisca tali comportamenti “mobbizzanti ha il diritto di ottenere la cessazione delle condotte illecite, oltre che il risarcimento dei danni (patrimoniali e non) che abbia, in conseguenza di ciò, sofferto.

I danni patrimoniali possono consistere, per esempio, nel pregiudizio alla carriera o nella perdita di determinati emolumenti premiali; mentre i danni non patrimoniali possono consistere, per esempio, in quelli alla dignità ed all’immagine professionali, in quelli morali e nei danni alla salute psico-fisica (laddove il dipendente abbia sviluppato una patologia, diagnosticata da uno Specialista, da porsi in nesso di derivazione causale con i fatti di “mobbing”).

Lo Studio Legale Nouvenne si offre per la relativa assistenza, sia stragiudiziale che giudiziale, in favore di quei dipendenti di Banca che fossero interessati.