E’ noto che la legge (art. 2096 cod. civ.) attribuisce alle parti il potere di risolvere senza alcuna motivazione e senza alcun obbligo di preavviso il rapporto di lavoro durante il periodo di prova.

Se a recedere è il Datore di lavoro, il lavoratore potrà impugnare il licenziamento o in quanto nullo – perché, in ipotesi, ritorsivo o fondato su un motivo illecito determinante – oppure in quanto illegittimo – per non essergli stato consentito di svolgere, in tutto o in parte, il periodo di prova o perché l’esperimento è stato svolto su mansioni diverse da quelle indicate nel patto di prova.

In caso di accertata nullità in giudizio del licenziamento (perché ritorsivo o fondato su un motivo illecito determinante), il lavoratore avrà il diritto di essere reintegrato in servizio e di completare il periodo di prova residuo.

Mentre, in caso di accertata illegittimità in giudizio del licenziamento (per mancato svolgimento, in tutto o in parte, del periodo di prova o perché l’esperimento è stato svolto su mansioni diverse da quelle indicate nel patto di prova) la giurisprudenza è divisa; secondo un primo (e più risalente) orientamento, il Datore di lavoro dovrà essere condannato a corrispondere al lavoratore le retribuzioni mancanti fino alla naturale scadenza del periodo di prova; mentre, per un’altra parte della giurisprudenza, si applicano le norme del c.d. Jobs Act (D.Lgs. n. 23/2015) per il caso di licenziamento illegittimo, e, quindi, il Datore di lavoro verrà condannato a corrispondere al lavoratore un’indennità risarcitoria che va da un minimo di 6 ad un massimo di 36 mensilità della retribuzione.

Lo Studio legale Nouvenne si offre per la relativa assistenza in giudizio ai lavoratori che fossero interessati.