Lo scrivente è a venuto conoscenza del fatto che alcuni Enti Locali hanno negato – opponendo, a fondamento del diniego, il disposto del comma 5-bis della norma in epigrafe indicata – la concessione del nulla osta per la partecipazione a procedure di mobilità esterna richiesto da alcuni dipendenti che non avevano raggiunto, alla data della richiesta, la permanenza minima di 5 anni nella prima sede di destinazione.

La normativa di riferimento è rappresentata dalla norma in epigrafe indicata, nonché dal comma 5-septies del D.L. 24/6/2014 n. 90 (convertito in L. n. 114/2014), introdotto dalla L. 28/3/2019 n. 26 (in vigore dal 30/3/2019).

Il presente contributo è limitato all’esame dell’art 35 del D.Lgs. n. 165/2001.

La norma in questione al comma 5-bis dispone che:”I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi”.

Viene, altresì, in rilievo, il comma 7 della norma in esame, il quale dispone che:”Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti“.

Per quanto lo scrivente sia a conoscenza, sul punto, dell’esistenza di un contrario orientamento dottrinale, si potrebbe tentare di sostenere, in assenza di precedenti giurisprudenziali in materia, che tali dinieghi non sono legittimi.

E ciò facendo leva proprio sul dettato letterale della norma di cui al precitato comma 7, che obbliga gli Enti Locali al “rispetto dei principi fissati dai commi precedenti”, laddove l’espressione utilizzata è idonea ad attribuire un margine di autonomia agli Enti Locali, margine di autonomia che, invece, non sarebbe configurabile se la norma fosse stata scritta senza fare riferimento ai “principi” e, quindi, se fosse stata promulgata col seguente testo:“…nel rispetto dei commi precedenti”.

Si vuole, cioè, dire che il riferimento operato dalla norma in esame ai “principi” può (o, meglio, potrebbe) consentire agli Enti Locali di calibrare tali “principi”, in estrema ipotesi giungendo fino alla loro disapplicazione, sulla specifica situazione occupazionale del singolo Ente Locale e, quindi, sulla specifica situazione dei singoli dipendenti.

Se tale interpretazione ha un senso, ciò significa che il singolo Ente Locale avrebbe dovuto far risultare in sede di Bando di concorso e/o in sede di successivo contratto di assunzione la propria volontà di avvalersi del principio di permanenza minima di cinque anni nella sede di prima destinazione.

Mentre, ove a ciò non abbia provveduto, si potrebbe (tentare) di sostenere che ciò rende illegittimo il diniego, anche, eventualmente, sotto il profilo del difetto di motivazione, laddove l’Ente datore di lavoro abbia omesso di spiegare quali siano, in concreto, le ragioni che precludono la concessione del nulla osta.

Il che è tanto più vero se si considera che risulta allo scrivente che altri Enti Locali, in casi analoghi, abbiano provveduto al rilascio del nulla osta alla mobilità esterna in favore dei propri dipendenti.

Lo Studio Legale Nouvenne si offre, quindi, per l’assistenza dei dipendenti degli Enti Locali che si siano visti opporre un diniego alla concessione del nulla osta per partecipare ad una procedura di mobilità esterna presso altro Ente Locale.