Il lavoratore che, nel corso del rapporto di lavoro, divenga permanentemente inidoneo alle mansioni di assunzione, può essere licenziato, ma con delle avvertenze, che si ricavano sia dalla normativa vigente, anche di fonte europea, sia dall’elaborazione giurisprudenziale formatasi nel corso degli anni.

La Corte di Cassazione ha, infatti, espresso l’insegnamento, ormai costante, secondo cui il datore di lavoro – prima di licenziare un lavoratore il quale, secondo il giudizio del medico competente, sia divenuto permanentemente inidoneo alle mansioni di assunzione – deve, in primo luogo, ricercare, all’interno dell’organizzazione aziendale, altre diverse mansioni, anche non rientranti nella qualifica di assunzione, utilmente affidabili al lavoratore, e, laddove non ve ne siano, operare dei “ragionevoli accomodamenti” all’organizzazione aziendale, tali da consentire la conservazione del rapporto di lavoro.

In sede di eventuale causa di impugnazione del licenziamento, il datore di lavoro sarà, quindi, gravato dell’onere di dimostrare che all’interno dell’organizzazione aziendale non vi erano mansioni alternative, utilmente affidabili al dipendente, e che il mantenimento in servizio del lavoratore avrebbe comportato “un accomodamento non ragionevole” e, quindi, in sostanza, uno stravolgimento, dell’organizzazione aziendale.

Mentre il lavoratore, in sede di ricorso introduttivo, potrà limitarsi a dedurre che all’interno dell’Azienda vi erano, al momento del licenziamento, altre diverse mansioni che gli si sarebbero potute affidare utilmente, senza stravolgere l’assetto organizzativo aziendale.

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